Pensieri Positivi

Pensieri Positivi

Marco Pelizzoni libro a puntate

MARCO PELIZZONI - POESIE

Leggende dal Mondo di Orchidea Aeon

mercoledì 6 dicembre 2017

Angeli
Di
Orchidea Aeon

Dal greco angelos, che vuol dire “messaggero”, gli Angeli sono presenti in tutte le culture e tradizioni fin da epoche assai remote.
E ancora oggi!
In molti, infatti, ancor oggi credono nell'esistenza degli Angeli, anche se nessuno può affermare di averne visto uno.
Creature piene di fascino e di splendore, circondati di mistero e suggestione, gli Angeli appartengono ad un mondo evanescente e fantastico, ai confini tra materia e spiritualità. E tale è anche il loro aspetto: luminoso ed evanescente ed al contempo composto di materia.
Caratteristica principale, oltre alla “sostanza”? Le ali, di cui sono provvisti.
Nella Bibbia, però, non sempre hanno ali, ma utilizzano le Scale celesti per salire in cielo ed assumono forma umana per portare messaggi divini agli uomini.
Forma umana, infatti, hanno gli Angeli che si presentano ad Abramo per annunciargli il concepimento di Isacco o per impedirgli il suo sacrificio. Così è anche quando, con il nome di Azaria, l’arcangelo Raffaele accompagna e protegge Tobia nel suo viaggio.
Ed è sempre un messaggero di Dio, anche se Dio ha cambiato nome e non si chiama più Jeowa, ma Allah, quello da cui Maometto riceverà la Rivelazione: Jabrà, ossia Gabriele.
Gli altri due sono: Israfil, cioè Raffaele, l’Arcangelo che suonerà le Trombe della Resurrezione e Mikail o Michele, colui che è alla guida delle azioni dell’uomo.
Li troviamo attivamente all'opera anche nel Cristianesimo: nell'Annunciazione alla Vergine Maria, in quella ai pastori di Betlemme… E ancora: fu un Angelo a confortare Cristo sull'alto del Monte degli Ulivi quando andò a pregare prima della Passione.
Fu ancora un angelo ad aprire la porta della prigione a Pietro e l’elenco sarebbe davvero lungo.
Una caratteristica dell’Apocalisse, infine, è proprio la mediazione degli Angeli i quali saranno chiamati a recare il messaggio divino alle 7 Chiese.
E gli Angeli Custodi?
E’ radicata la convinzione che ognuno di noi abbia un Angelo Protettore o Custode che ci guida nel nostro cammino ed agisce a livello umano.
Già nelle società primitive si credeva all'esistenza di uno Spirito Protettore.
Nella cultura ebraica si parla di Angeli Protettori non solo degli uomini, ma anche della Natura: Angeli del mare, Angeli dell’aria, angeli del fuoco, ecc.
In Mesopotamia, Spiriti benigni dall'aspetto di grifoni alati anticipano le figure di Angeli ed Arcangeli di qualche millennio.
Nella mitologia greca i messaggeri degli Dei erano raffigurati con le ali proprio come gli Angeli.
Ali d’oro e caduceo, che era l’insegna del messaggero.
Il caduceo era un’asta con due serpenti attorcigliati e terminanti con due ali.
Messaggeri delle Divinità greche e romane erano Iride, personificazione dell’arcobaleno, che congiunge cielo e terra ed Ermes o Mercurio, simbolo del mistero e dell’arcano.
Angeli custodi si trovano anche in Persia: i fravashi, copia perfetta ma evanescente di ogni individuo. Un po’ come il Ba degli egizi, detto anche il “Doppio”, essendo la copia esatta di ogni essere umano, ma trasparente e di puro spirito.
Sempre in Persia, Zoroastro, profeta di Ahura, riferì che il mondo era stato creato proprio con l’aiuto di Spiriti benigni: sette angeli.
Esiste una gerarchia nella società angelica?
Pare di sì!
Gli Ordini Angelici sarebbero nove, divisi in ulteriori tre Ordini.
Al primo Ordine apparterrebbero:
Cherubini  -  Serafini  -  Troni
Al secondo ordine:
Dominazioni  -  Virtù  - Potenza
al terzo ordine
Principati  -  Angeli  - Arcangeli.
Gli Angeli sarebbero tanti mentre gli Arcangeli, di grado superiore, sarebbero quattro, ma noi ne conosciamo il nome solamente di tre di loro:
Gabriele - Raffaele  -  Michele.
Per alcuni il quarto arcangelo sarebbe Emanuele.
E il sesso degli Angeli?
Se ne discute da secoli, ma secondo l’opinione dei più, gli Angeli sarebbero asessuati, anche se possono apparire con aspetto umano maschile quanto femminile.
La Leggenda di Santa Lucia
Di

La leggenda vuole che la Santa, originaria di Siracusa, fu accecata perchè essendosi convertita dal paganesimo al cristianesimo, non volle sposare l’uomo che i suoi genitori le volevano imporre.
Lei visse tra il 283 e il 304 dopo Cristo, decise di dedicare la sua vita al Signore e per questo fu perseguitata, mutilata e uccisa.
Da allora divenne la Santa protettrice degli occhi e della vista e si dice che l’inizio del suo martirio fu proprio il 13 dicembre, la leggenda la vuole sopra un asinello a distribuire i doni ai bambini buoni.
Un po’ come Babbo Natale, non a caso chi festeggia Santa Lucia ha un detto: “la notte di S.Lucia è la più lunga che ci sia”, proprio per l’attesa dei bimbi.
Il culto di Santa Lucia parte da Venezia dove riposano le sue spoglie e arriva in molte parti d’Italia e d’Europa.
I bambini in questa sera vanno a letto presto, lasciano latte e biscotti per la santa e fieno e carote per attirare l’asinello davanti alle porte di casa, e in alcuni paesi nei giorni antecedenti l’avvento di santa Lucia, un uomo passa per le strade suonando un campanello.
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Anche in Svezia e Danimarca il culto della santa è molto presente, la tradizione vuole che la figlia maggiore indossi una tunica bianca e una sciarpa rossa in vita, con il capo coronato da un intreccio di rami e sette candeline, si svegli alle 4 del mattino e porti caffè, latte e dolci ai familiari ancora a letto.
Mentre i maschi di famiglia è tradizione che indossino grandi cappelli di carta e portino lunghi bastoni con stelline.
I ragazzi e le ragazze passano di casa in casa a portare le canzoni tradizionali della festa.
Un altro modo di festeggiare in questo periodo così magico dell’anno, gioia e amore, festa e armonia. Non perdiamo queste tradizioni che fanno parte della nostra cultura e sono parte della nostra storia.
Ecco una modo carino per raccontare la storia di Santa Lucia ai bambini:
“C’era una volta una fanciulla di nome Lucia. Era così innamorata della vita e dei bambini che decise di andare per il mondo a donare giochi e pensieri d’amore a tutti i piccini. Un giorno partì con il suo asinello che decise di seguirla in questo meraviglioso viaggio. La dolce fanciulla voleva far felici tutti i bambini del mondo e con tanta pazienza andò per le case a raccogliere tutte le letterine scritte dai bimbi per lei. Il momento che più amava era proprio leggere tutti quei foglietti colorati e pieni d’amore. I bambini l’amavano e per darle un pò di riposo nel suo viaggio le facevano trovare insieme alla letterina dell’acqua, dei mandarini e carote per il suo asinello. Santa Lucia raccoglieva ogni letterina di ogni bambino di ogni casa del mondo, le leggeva una ad una e costruiva con le sue mani il gioco richiesto. La notte del 13 dicembre iniziava il suo lungo viaggio e solo quando finiva di consegnare l’ultimo gioco si ritirava a riposare soddisfatta e felice”. 
Bambini scegliete pochi giochi, uno solo, perché Santa Lucia deve fare il giro di tutti i bambini del mondo e ne deve costruire tanti e le sue braccia sono ormai tanto vecchie…
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La leggenda della nascita della ninfea è molto poetica.
Di
Orchidea Aeon
Essa narra di una bellissima ninfa che si innamora del re Raggio di Sole.Vergognandosi per il suo modesto abito, di fronte alla magnifica luce di lui, la bella ninfa corre verso il lago in cerca di tesori da offrire al suo amato, scende tra il fango e risale protendendo le mani colme d'oro.Tuttavia il peso di quell'oro le impedisce di restare in superficie, ed ella morirà sprofondata nel fango del lago.Di lei rimarranno soltanto e per sempre quelle due mani bianche colme d'oro, di giorno aperte per offrire a Raggio di Sole i tesori di quel dono e chiuse di notte per proteggerlo.
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La leggenda dei due Lupi 
Di 
Un vecchio indiano Cherokee è seduto di fronte al tramonto con suo nipote quando all'improvviso il bambino rompe l'incanto di questa contemplazione e rivolge al nonno una domanda molto seria per la sua età.
" Nonno, perchè gli uomini combattono?"
Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
"Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perchè lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi".
"Quali lupi, nonno?"
" Quelli che ogni uomo porta dentro di sè."
Il bambino non riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse pre accendere la sua curiosità. Infine, il vecchio che aveva dentro di sè la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo.
"Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo."
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
" E l'altro? "
" L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede."
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero.
" E quale lupo vince?"
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con i suoi occhi puliti.
"Quello che nutri di più."
   

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La leggenda delle sirene 
Di 
Orchidea Aeon

Le Sirene erano nei lontani tempi mitologici,le affascinanti figlie dell'Oceano. Abitavano presso l'isola di Sardegna e, posate sugli scogli o fra le onde, attendevano i naviganti per incantarli. Avevano volti bellissimi di donna e corpo terminante in coda di pesce, e il loro canto era così armonioso che nessuno poteva ascoltarlo senza esserne ammaliato inesorabilmente. I marinai, per udire le loro voci melodiose, dimenticavano di mangiare e si gettavano sulla tolda, lasciandosi consumare d'inedia,o, attratti dall'irresistibile canto e dai volti delle ammaliatrici, si gettavano a capofitto nel mare. Giasone e i suoi compagni, dopo essere fuggiti rapidamente dalla Colchide col Vello d'Oro che avevano conquistato, si erano diretti verso la Grecia. Avevano attraversato il Mar Nero,risalendo il Danubio e, attraverso il Po e il Rodano erano arrivati all'isola di Sardegna ove stavano in agguato le figlie del mare. Esse, appena videro la bella nave costeggiare le rive, le si avvicinarono e cercarono con i canti dolcissimi accompagnati dal suono della lira, di fermarne il rapido viaggio. Ma Orfeo, il musico divino che faceva parte della spedizione, comprese il pericolo che li circondava e, affinché i marinai non udissero le insidiose canzoni, prese a suonare la sua lira.
E la melodia di Orfeo era così deliziosa che tutti gli uccelli accorsero intorno alla nave per ascoltarla, i delfini circondarono la carena incantati, e perfino le Sirene cessarono di modulare le loro canzoni maliarde, sedotte dalla musica del divino Orfeo. Così, nel silenzio religioso degli uomini e degli animali, entro le calme acque del Mar di Sardegna, passò incolume la bella nave. Cantò a lungo, instancabile, modulando dolcissimi accordi, finché la nave non ebbe superato i sinistri paraggi della Sardegna.
Le Sirene attesero silenziose e tristi che il canto soave si allontanasse, poi indispettite e umiliate di essere state vinte da Orfeo, si gettarono dalle rocce in mare con i loro strumenti. Giove, pietoso, le mutò in alte scogliere dominanti le acque della Sardegna.


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La leggenda del golfo degli Angeli 
Di
Orchidea Aeon
Il golfo di Cagliari è noto anche come il golfo degli angeli. Si narra che gli Angeli, nei tempi lontani chiesero a Dio un dono.
Dio rispose che avrebbe dato loro in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano, vivevano felici. “So che esiste questa terra; cercatela, trovatela e sarà vostra” aveva detto loro.
Gli Angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla terra. Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre odi. Stavano per ritornare, tristi, da Dio Padre, quando il loro sguardo cadde su una grande isola verde circondata da un mare tranquillo. Gli angeli si avvicinarono rapidamente: non rumore di guerre e di distruzioni, non colonne di fumo si alzavano dalle colline fonte ove brucavano grandi greggi. E gli uomini aravano i campi non chiusi da segni di proprietà. Quei primi abitatori della Sardegna, ignari delle ricchezze della loro terra, discendenti da eroi che avevano fuggito la tirranide e l’ingiustizia, trascorrevano la loro vita in semplicità, contenti della pace e della bellezza dei luoghi.
Gli Angeli salirono felici in cielo. Riferirono al Signore ciò che avevano visto e Iddio mantenne la promessa. Gli Angeli, quindi, ridiscesero ancora sull’isola e rimasero specialmente incantati davanti al grande golfo che si apriva, come un immenso fiore turchese, all’estremo limite meridionale della loro terra. Decisero dunque di stabilirsi lì: in quell’arco di mare così azzurro e bello che ricordava il Paradiso. Presto, però, Lucifero, invidioso di quegli Angeli felici, cercò di seminare, fra di essi, lotte e discordie, e siccome non vi riuscì tentò di scacciare gli Angeli da quel loro secondo Paradiso. Lottarono a lungo le forze del Bene e quelle del Male sulle scatenate acque del golfo. Ed ecco che alla fine,, tra il lampeggiare delle folgori del demonio si levò il alto la spada scintillante dell’Arcangelo Gabriele.
Fu il segno decisivo della vittoria, Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero, dalle narici di fuoco. Allora prese la sella e, in un impeto di collera violenta, la lanciò nel golfo, formando un promontorio che poi venne chiamato “La sella del Diavolo”. Sotto di esso, trovarono dapprima rifugio le pacifiche navi fenicie, poi quelle da guerra dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei vandali e dei Bizantini. In seguito quelle dei Pisani, dei genovesi e degli Spagnoli. Ed infine quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani. Così, oggi, gli angeli se ne sono andati dal loro golfo incantato e lo guardano dall'alto, discendendovi, talvolta, lievi e silenziosi, all'ora del tramonto, quando il cielo si colora d’oro e di porpora.



UN’ANTICA LEGGENDA SULL'ARPA 
Di 
Orchidea Aeon

Un’antica leggenda celtica narra la storia di Canoclach Mhor, una giovane dea, che aveva offerto se stessa e la propria bellezza all’uomo, affinché questi apprendesse l’amore.
Invano: l’uomo preferì a lei il potere e il mezzo per conquistarlo, ossia la guerra. Inutilmente la dea cercò di spiegare all’uomo che quella del potere non era la via giusta per la felicità. L’uomo la respinse ed ella, in lacrime, se ne uscì da un mondo che non aveva accettato l’amore.
Andò errando in preda al suo dolore e finalmente giunse alla riva del mare. Qui diede sfogo a tutto il suo tormento, che solo le onde potevano udire. Commosse, queste iniziarono col loro sussurrio a suggerire il sonno alla dea finché ella, tanto provata dal lungo pianto, non reclinò il capo sulla sabbia e, cullata da questo mormorio, si abbandonò ai suoi sogni. Già il sole aveva discretamente ceduto il palco del cielo alla luna, il cui canto si rifrangeva nei mille luccichii di stelle e tale canto era ora vicino, ora lontano, ora acuto, ora grave ma sempre di sconvolgente bellezza. Il vento poi, passando tra le onde, acuiva il tono di questa voce e ora lo rilassava in un registro più grave, ora lo rendeva sempre più nitido e cristallino, tanto che alla dea, ridestata da questo concerto marino, parve voce di conforto.
Il registro grave leniva il suo animo tormentato e afflitto, mentre quello acuto liberava in lei un dolce sorriso. Confortata da quest’ammaliante suono, la dea capì che doveva lasciare che l’uomo seguisse la propria via e che doveva esser pronta ad accoglierlo, allorché, deluso dagli stessi suoi vani tentativi, fosse ritornato da lei a cercare conforto.
Stava per andarsene, quando un ultimo saluto del vento portò le note del canto del mare contro la carcassa di una balena che, poco lontano, giaceva abbandonata dalla marea. Le ossa della balena, vibrando alla sollecitazione del vento, magicamente riproducevano l’esatto suono che la dea aveva udito nel suo tormento. Ella allora si avvicinò a quei miseri resti e disse: – Mia buona balena, tu che hai saputo ricordare al mio cuore il canto della luna, delle onde e del vento udito questa notte, non sei morta invano. Io, infatti, forgerò da te uno strumento che darà gloria alle tue ossa e che conforterà gli uomini nel loro cammino verso la felicità. –
Quindi, tirandole leggermente la mascella, la modellò; raccogliendone i nervi ed i tendini li tese, sì che producessero suoni diversi, acuti o gravi, secondo la lunghezza. In breve tempo tutte le corde avevano ricevuto il proprio suono ed ella, dopo averle saggiate tutte scoprendo la voce multiforme delle loro diverse altezze, riproduceva per loro tramite il dolce suono delle onde. Appoggiando poi al suo petto lo strumento così creato, gli trasmetteva le vibrazioni della sua anima, riempiendolo delle soavi armonie celesti.
Al mattino, lo strumento era qualcosa di vivo e vibrante e cantò la voce della dea e il suo canto d’amore per l’uomo. La dea chiamo lo strumento “Clarsach” che vuol dire “voce cristallina del cuore“.”
Tratto da “L’arpa di Lug” di Massimo Celegato
Dunque è per questo motivo che il suono dell’arpa ci arriva sempre come un tocco magico, misterioso, che ci culla e rasserena?
Se ci pensate, raramente il suono dell’arpa riesce a innervosirci o disturbarci. Lo dobbiamo quindi alla dea dell’amore? 😉
Forse non crediamo a questa leggenda ma una cosa è certa: l’arpa ha effetti positivi sul nostro stato d’animo. Personalmente penso che il motivo risieda nella sua grande cassa di risonanza che è appoggiata al corpo di chi la suona e che vibra nel corpo del musicista in primis e in quello degli ascoltatori poi.
Mi è capitato molto spesso di essere nervosa, triste o comunque di malumore e iniziare a suonare. E sempre, alla fine del brano o alla fine del pomeriggio di studio, il mio umore era cambiato. Musicoterapia, la chiamavo. Non sapevo ancora cosa significasse la risonanza corporea, l’effetto che i suoni hanno sul nostro corpo e di conseguenza sulle nostre emozioni, eppure mi rendevo conto che qualcosa cambiava.
Così succede a tutti i nuovi piccoli arpisti che si avvicinano a questo bellissimo strumento.
I bambini in particolare, sono molto più attenti, dicono che l’arpa gli “fa il solletico” alla pelle, oppure che “questi suoni bassi mi arrivano fino alla pancia!”. E ridono, e io rido con loro perché ogni volta mi stupisco della loro capacità di ascolto, della libertà che hanno nel corpo.
Il mio difficile compito è quello di non cambiare questo loro stato ma aiutarli a svilupparlo. Per loro, perché possano godersi i suoni e tutte le future musiche che riusciranno a interpretare e inventare, senza il peso del giudizio degli altri, senza il “dover riuscire bene”. Solo suonando.



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